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Storie di cucito: intervista a Elena | @eleperl

by Ladulsatina
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La storia di cucito di questo mese è quella di Elena Perletti aka @eleperl . Elena ha iniziato a cucirsi i vestiti nel 2009 e il suo motto è sempre stato “Reuse, reduce, recycle”. Per il suo guardaroba ha sempre preferito lo swap o il second hand e da quando cuce, non compra praticamente più nulla di già fatto.

Ecco la sua intervista di cucito. Buona lettura 🤗 


Ciao, presentati!

Ciao, mi chiamo Elena, ho 39 anni e mi piace cucire.

Ho lavorato per moltissimi anni nel mondo della comunicazione e dell’organizzazione eventi: ero sempre impegnata, giorno e notte, weekend e festività comprese. Poi, complice il periodo del covid, un nuovo amore e la “vecchiaia”, nel 2020 ho impresso una decisa sterzata alla mia vita e ora faccio la bibliotecaria in un paesino vicino a Bergamo.

Convivo con il mio compagno in un paese sulle colline, ho due pesci rossi e una tartaruga d’acqua.

Elena indossa un colletto realizzato con un cartamodello di Cartamodelli Magazine: un progetto semplice e veloce per riciclare gli scarti (o per regalini dell’ultimo momento).

Oltre alla sartoria, i miei hobby sono la lettura, la corsa, la musica (punk), guardare serie tv, viaggiare e andare alle mostre ma, in generale, mi appassiono a tutto quello che mi permette di “tribulare” e pasticciare. Il mio sogno sarebbe imparare a fare lo scarpolino o il falegname.

Elena indossa una camicetta stile anni ‘70 ed una gonnellina svasata (sempre disegnate e cucite da lei). Foto di Marzia DiLegge Benigna

Come, quando e perché hai iniziato a cucire? 

Come dico sempre scherzando: è la povertà che ti rende ingegnoso!

Fuor di ironia, mi sono avvicinata al cucito nel 2009. Nel mio paesello c’era una sarta abilissima: nata alla fine degli anni ‘20, orfana di madre, era cresciuta dalle suore. Cecilia era un prodigio: sapeva riparare perfettamente addirittura le calze di seta, per dire.

Io sono bassina e le portavo i pantaloni da accorciare o i vestiti di seconda mano da stringere (all’epoca lavoravo in televisione e avevo bisogno di un sacco di outfit): li imbastivo per mostrarle le modifiche da eseguire e lei sosteneva avessi talento.

Così, per un compleanno, mia zia mi regalò una Singer da 90 € comprata al supermercato: da lì, amore assoluto (e quella piccola macchina da cucire di plastica funziona ancora).

“Questo è un abito, disegnato da me, realizzato a partire da tanti piccolissimi avanzi di altri progetti: ne sono molto orgogliosa perchè, nonostante sia un patchwork di scarti di tessuti molto diversi fra loro (elastici e statici, pizzi, georgette, velluto…) comunque veste bene!” – Foto di Marzia DiLegge Benigna

Qual è il primo capo che hai cucito? Com’è andata?

Una gonna, con gli avanzi di un sari. Non avevo nozioni di sartoria né di modellismo ma, allora, il sito americano di Burda era una community attivissima e una miniera di risorse. 

Andò bene: tutti mi facevano i complimenti e questo mi spronò a continuare. Mi chiamarono il Burda tedesco, la RAI… Insomma, partii con un piccolo lavoro da “influencer” che mi annoiò profondamente nel giro di 15 minuti ma che, per un po’, comunque, mi aiutò ad arrotondare lo stipendio.

(Non è del tutto vero, a rifletterci bene: all’epoca, qualcuno mi fece i complimenti, qualcuno disse che ero ridicola… Ma io sono cresciuta con il punk e DIY: le critiche fini a loro stesse non mi hanno mai scalfito troppo. Comunque, il mio prozio 80enne ed ex minatore era orgoglioso di me, e tanto mi bastò per decidere di continuare a cucire.)

Qual è il capo che hai cucito a cui sei più legata? Perchè?

Non sono molto legata agli oggetti… Il lavoro da bibliotecaria ti insegna che le cose passano: quando mi rendo conto che non metto un vestito da un po’, lo regalo o lo metto nei cassoni del recupero tessile.

Sono più affezionata al processo che mi ha portato alla realizzazione del capo: mi piace ricordare quanto ho faticato per far bene delle tasche o la soddisfazione di una cucitura perfetta.

“Questo è un altro abitino fatto con avanzi di maglina di cotone elastica (in origine, era servita per dei pantaloni-bracaloni che il mio ex fidanzato usava in tour). E’ il Whittaker Dress di Mood, uno di quei vestiti che, in due ore, hai tagliato e cucito”

E il capo più difficile che hai cucito? Perché è stato difficile

Recentemente ho realizzato due completi eleganti da uomo per il mio fidanzato: se nelle camicie o nei pantaloni – anche da uomo – non ho problemi, le giacche eleganti mi mandano in ansia tutte le volte!

In particolare, DETESTO le tasche a filetto con le pattine: c’è sempre qualcosa che non riesce perfettamente simmetrico… Comunque, un detto bergamasco recita “Fare e disfare, è tutto lavorare”: sicuramente, per fare delle belle tasche, bisogna metterci un po’ di tigna!

Quando e dove cuci?

Prevalentemente nel weekend o il lunedì (che è il giorno di chiusura della biblioteca!). Uso il tavolo del salotto (che sarebbe antico e, per questo, va coperto con una pesantissima tovaglia imbottita). Disegno e taglio accucciata per terra: non benissimo per le ginocchia e la schiena ma.. ci sono abituata!

Elena che piazza un tessuto sul pavimento della sala.

Quante e quali macchine hai? 

Se escludiamo la Singer da 90 €, ho una Pfaff Select 4.2 che mi regala più problemi che soddisfazioni. L’ho acquistata nel maggio 2017 convinta di fare un affare, ma non mi sentirei di consigliarla nonostante abbia dei lati positivi (il doppio trasporto di serie e l’illuminazione a LED). Se tornassi indietro, probabilmente proverei una Singer Heavy Duty.

Elena che cuce sul tavolo della sala con la sua Pfaff Select 4.2.

Scegli prima il tessuto o il cartamodello? Cartamodelli in taglie o disegni tu i tuoi capi? 

Disegno quasi tutto io: dall’intimo all’uomo, passando per le cose per me. Ma non ho una procedura standard: a volte vedo un tessuto e mi innamoro (acquisto le stoffe in un ingrosso dove vendono a peso le fine pezze), a volte parto con le idee chiare.

“Questo è un abito in velluto. Il cartamodello viene dal libro “Gertie’s Ultimate Dress Book: A Modern Guide to Sewing Fabulous Vintage Styles” di Gretchen Hirsch [Editore:Stewart, Tabori & Chang Inc; Anno: 2016]”

L’errore di cucito più clamoroso e la lezione che hai imparato?

Qualche settimana fa: maniche della suddetta giacca elegante da uomo montate al contrario. Ho imparato che, alle due di notte, conviene mollare lì il cucito, anche se manca poco alla fine, e andare a dormire!

Un altro errore tragicomico, sempre figlio del “dai, manca solo questo, mezz’ora e finisco” (così rendo palese che non imparo mai dai miei errori) mi era capitato, diversi anni fa, con una camicia per mio fratello: al momento di tagliare l’ultima asola, l’attrezzo mi era scivolato ed avevo squartato tutto un polsino! Per fortuna, era rimediabile…

Cuci solo per te o anche per altri?

Con gli anni ho imparato ad essere decisamente più a selfish seamstress ma, per i miei cari o gli amici, cucio sempre con gioia! 

Invece, non realizzo volentieri lavori a pagamento: non so se sono stata sfortunata io ma tutte le collaborazioni che ho avuto, di cui alcune anche parecchio prestigiose, riguardavano persone con le idee poco chiare o per nulla abituate a farsi fare abiti di sartoria. Il risultato è stata tantissima frustrazione e una gran perdita di tempo (i lavori sono andati tutti a buon fine, sia chiaro ma… non senza qualche travaso di bile, ecco!)

“Questa è una giacchetta cropped in lana vintage. Avevo preso spunto da un modello visto sul sito di Mood Fabrics: di fatto, è una giacca classica, un po’ fitted, tagliata in vita.”

In cosa il cucito ti ha cambiato la vita?

Probabilmente mi ha spinto a un consumo più consapevole e ad informarmi di più sull’ENORME impatto ambientale dell’industria della moda.

“Reuse, reduce, recycle” è diventato il mio motto. Credo che tutti dovremmo consumare di meno: se la “decrescita felice” resta più o meno un mito, nello scenario consumistico/capitalistico in cui siamo immersi, provare a rinunciare ad alcune cose superflue dovrebbe essere un imperativo morale.

Da quando cuci è cambiato il tuo modo di fare acquisti/shopping? Se sì come?

Già prima compravo molto poco nei negozi: mi è sempre piaciuto lo swap o il second hand. Da quando cucio, non compro praticamente più nulla di già fatto (e ho spinto anche il mio compagno su questa strada). 

Ad esempio, per le scarpe (che -damn!- non sono ancora in grado di fare) uso Vinted.

In generale, però, negli anni, ho anche imparato a cucire meno: faccio quello che mi serve, senza sentirmi pressata a produrre qualcosa di nuovo in continuazione. Anche cucire troppe “robe a caso” significa consumare inutilmente risorse.

Un libro di cucito che ci consigli di leggere?

La serie di Teresa Gilewska edita in Italia da Il Castello Editore.

“Progettare i cartamodelli”, ad esempio, è davvero illuminante, per chi comincia!

Per chi è già un po’ pratico, sicuramente i vari “Pattern magic” di Tomoko Nakamichi sono molto interessanti. 

Recentemente, mi sono fatta regalare “Building the pattern” di NameD Clothing: trovo i loro cartamodelli molto nordici, essenziali.

Porterò anche un po’ di acqua al mio mulino ricordando ai tuoi lettori che, nelle biblioteche pubbliche e digitali, sono disponibili moltissime risorse su modellismo e cucito!

Che consiglio/consigli daresti a chi vuole iniziare a cucire?

Di sperimentare senza fasciarsi la testa. Un vestito è solo un vestito: nessuno ti mette al rogo, se un orlo non è perfetto!

Poi, io sono la prima ad andare in panico per una cucitura fatta male… Ma la moda è un gioco, un tentativo di rendere vera un’idea: se si affronta il cucito come un compito di trigonometria (per quanto la trigonometria sia importante, nei cartamodelli!), si perde la bellezza del processo!

Questo è un completo body + gonna (entrambi disegnati da me e cuciti durante il periodo del Covid con degli scarti tessili che avevo in casa): l’idea era quella di una “sposa dark” un po’ alla Tim Burton.” – Foto di Marzia DiLegge Benigna , anche in cover.

Qual è il tuo prossimo progetto di cucito?

Sto provando un po’ di cartamodelli free di Mood Fabrics: credo farò, per il mio compagno, la DEAN JACKET

Ovviamente, domani cambierò idea e, nella mia testa, comparirà una qualche idea matta che avrà assolutamente la precedenza 🙂


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2 comments

Oriana 27 Agosto 2023 - 17:42

Che bella intervista!

Anche io ho una macchina da cucire che finora ho usato solo per gli orli delle tende, dei copridivano e qualche altro piccolo lavoretto :-). Mi sono sempre detta che avrei imparato a cucirmi dei vestiti ma poi non è successo perché la mia idea era di cucire con stoffe di scarto e cucire solo indumenti che mi servono e quindi avendo cucito poco non mi sono mai sentita capace di fare dei vestiti/indumenti. Proprio come ha detto Elena nell’intervista “cucire robe a caso” solo per il fatto di cucire e non perchè uno ha realmente bisogno “significa consumare inutilmente risorse”, verissimo!! Ho tantissimi avanzi di stoffa che mi sono stati regalati negli anni e che conservo, forse una borsa di tela riesco a cucirla…però non ho proprio bisogno di un’altra borsa di tela :-). Che problemi :-)!!

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Ladulsatina 1 Settembre 2023 - 16:53

Ciao Oriana! Ti capisco, anch’io faccio sempre più fatica a trovare progetti da cucire per me (a parte quelli che cucio per lavoro intendo), sia per questioni di tempo, sia perché ho quasi tutto. Siccome però non comprò più praticamente nulla da anni, da quando ho iniziato a cucire (e sono ormai quasi 10 anni), mi sono fatta una lista di cose che mi servirebbero (per esempio mi è rimasto un solo cappotto per l’inverno e avrei proprio bisogno di cucirmene uno prima o poi). Quando riuscirò ad avere il tempo, prenderò quella lista in mano e tornerò a cucire qualcosa per me 😄

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